Epilogo

Fu così che illuminata dalle luci oblique del primo sole freddo del 1321, la compagnia, che tante disgrazie aveva condiviso nel mese appena trascorso, infine si divise alle porte del borgo di Tullvéch.

Grinwald avrebbe diretto i suoi passi a nord, oltre le cupe foreste di Evrèl, fino a calpestare la tortuosa strada che lo avrebbe condotto al monastero delle Lame Sacre di Delivrer; sul fondo della sua bisaccia, la custodia legata con il simbolo benedetto della dea imprigionava il diabolico Malus Vizeraj, destinato ad essere collocato in una delle aule più remote del bastione consacrato, in attesa che Libra inviasse un campione dalla fede sì salda da poter bandire, una volta e per sempre, il perfido demone dalle terre degli uomini. Lorcas Malliere, nonostante i numerosi anni, scelse di condividere il cammino con il suo giovane discepolo, e lacrime di commozione sgorgarono dai suoi limpidi occhi quando assistette alla cerimonia che avrebbe insignito Grinwald del titolo di Sentinella di Libra, uno dei più grandi onori riservati ai paladini erranti dell’Ordine.

Dorian si incamminò invece sulla strada del Re, giungendo dopo un lungo e scomodo viaggio fino alla lontana e splendente Aghijon. Con sé recava non soltanto le vesti e i grimori dei suoi maestri scomparsi, ma anche la favolosa notizia del ritrovamento delle ossa dell’Angelo di Bertrando, l’antico drago sepolto sotto il maniero dei suoi avi. In virtù dell’eccezionale scoperta che tanto contributo avrebbe dato alla sapienza della Torre Nera, il Gran Maestro insignì Dorian del rango di Magus, che gli avrebbe concesso di intraprendere ricerche e avventure per proprio conto senza dover attendere il verdetto del consiglio degli stregoni.

Bell dopo lunga riflessione, scelse di restare a Tullvéch, ove avrebbe continuato il suo addestramento nell’arte della spada ed esercitato la sua mente al dominio del riluttante parassita che albergava nella sua mano destra. Lo stregone lo aveva erudito sull’esistenza della Porta della Notte, oltre la quale erano stati scaraventati per molto tempo i maghi-veste grigia, imperdonabili traditori come l’infame Calisto; ma da più di due decadi, quel passaggio era stato corrotto dal potere di Ghaurir e dunque sigillato dal Gran Maestro in persona. Sebbene ogni via per il Mondo di Mai sembrasse per il momento preclusa, il guerriero non si diede per vinto, certo che un giorno l’acciaio della sua spada avrebbe trapassato, con uno spietato affondo, il nero cuore della strega di Morrowind.

Marchesa diresse invece i propri passi a oriente per giungere infine oltre le porte della grande città di Rouen, e perorare il diritto di regnare sulle terre dei suoi avi al cospetto del vecchio Duca. Tanti furono gli ostacoli e gli intrighi perpetrati dai figli illegittimi e dai lontani cugini, emersi da ogni parte alla notizia della morte di Lord Raphael, che misero alla prova l’arguzia della nobile di Varetta, ma infine l’aiuto inaspettato del Maestro degli Assassini convinse il Duca a concederle il titolo di Lady, consegnandole definitivamente le chiavi del feudo di Lairenne.

Anche la compagnia del Corvobianco, seppur da sì poco tempo riunita, si sciolse durante quell’anno triste. Valamir ed Elinor, accantonate le antiche ostilità, sarebbero rimasti a Tullvéch, aiutando generosamente gli abitanti del borgo a risollevarsi dopo gli opprimenti anni trascorsi sotto il giogo dei mezzo-giganti. Dismas e Irdre, nel cui sangue tuonava ancora forte il richiamo dell’avventura, si congedarono dai propri amici, e si incamminarono sulla polverosa strada che li avrebbe condotti alle porte di Gundobad, per riscuotere la taglia sulla testa del crudele Gauthier ed intraprendere quelle improbabili imprese che i bardi cantano ancora oggi.

Se si vuole dare credito a quanto è riportato nelle cronache di Bastiano il Saggio, trascorsero anni prima che i quattro discendenti della stirpe di Lairenne si trovassero nuovamente fianco a fianco, in quell’epoca in cui le nubi scure che si addensavano sul Trono di Alabastro erano prossime a mutarsi in violenta tempesta.

Ma questa, come si è soliti dire, è un’altra storia…