Il flagello degli stregoni

Quale indescrivibile angoscia deve provare la mente di chi ritrova il senno dopo una vita trascorsa all’ombra della follia? Oggi gli eruditi sono concordi nell’asserire che gli ultimi istanti di vita di Lord Raphael siano stati accompagnati da un indicibile tormento.

Il momentaneo sollievo nel ritrovare un volto conosciuto ebbe breve durata, poiché Dorian si accorse presto di poter intravedere il sottile profilo di Marchesa attraverso la massiccia sagoma di Bell. Lo spirito degli avventurieri aveva lasciato il piano materiale, ed era stato scaraventato in un luogo alieno, forse perduto per sempre un cupo altro-quando, avvolto in una nebbia fitta e tetra.

Eppure l’indomita determinazione che li aveva portati fin dentro le viscere del maniero maledetto dai propri avi e la curiosità, sempre fedele compagna degli audaci, spinsero i quattro avventurieri a non perdersi d’animo e cercare, persino in quel luogo opprimente, una via che li ricongiungesse ai propri corpi, caduti ai piedi dell’impassibile Angelo di Bertrando.

Quando la nebbia si diradò, i discendenti di Lairenne mirarono a lungo quel luogo misterioso, costituito da otto piccole isole ottagonali sospese nel vuoto e disposte in modo da formare un cerchio, ognuna collegata alle altre da lunghi ponti di corda, affacciati su profondi e neri abissi. Una nona isola, anch’essa di forma ottagonale, equidistante e circondata dalle altre, si ergeva al centro e su di essa gli avventurieri trovarono lo spirito intorno al quale era stata eretta quella diabolica prigione: un giovane combattente, ancora vestito della sua corazza, che giaceva afflitto nei pressi di un largo pozzo circolare, sorvegliato da otto impassibili statue di ossidiana, raffiguranti uomini senza volto avviluppati da lucidi mantelli intagliati.

Nonostante i loro accorati appelli, il giovane non rispose ad alcuna delle domande che gli venivano poste, e a Marchesa sembrò che un profondo dolore risiedesse entro i contorni dei suoi occhi grigi. Il combattente afflitto reagì comunque alla presenza degli avventurieri, offrendo loro un curioso oggetto che subito attirò le attenzioni della compagnia: una stella a otto punte, aguzze e taglienti, traslucida come cristallo e munita di altrettanti simboli arcani che nemmeno la sapienza di Dorian seppe, in quel momento, interpretare.

Prima di compiere azioni avventate, la compagnia decise di esplorare a fondo ognuna delle isole che componevano quell’assurda prigione, eretta senza dubbio da uno dei diabolici schiavi di Acheron, che da sempre riconoscono nell’ottagono la forma prediletta dal caos. Eppure, la simmetria con cui erano disposte le isole e il loro contenuto lasciava intravedere una qualche connessione con una creatura ancora in grado di apprezzare la bellezza delle proporzioni, segno che lo spirito del giovane confinato non era stato ancora del tutto vinto.

Su ognuna delle otto isole era posto un unico palco di legno, largo una decina di metri, sul quale campeggiava il basamento di una piccola statua raffigurante un avambraccio calloso, rivolto verso l’alto. La mano artigliata era appena chiusa, come colta nell’atto di stringere qualcosa, eppure il palmo era vuoto.

Accompagnata ad ogni isola era anche una lastra su cui era stato inciso un numero in caratteri d’oro, che per il momento rappresentava soltanto un altro mistero inesplicabile per gli avventurieri. Fu soltanto quando Dorian decise di ferirsi, usando una delle estremità acuminate della stella, che ogni cosa divenne loro chiara: poiché sempre i demoni bramano il sangue degli uomini, ed anche la più piccola delle loro creazioni reagisce al contatto con esso.

Lo spirito di Dorian si fece più evanescente mentre la stella assorbiva in parte la sua essenza vitale; ma durante questo processo, la stella si tinse del colore associato al simbolo sulla sua punta, e rivelò su una delle isole un frammento dei ricordi del prigioniero dei demoni. Fu così che la compagnia comprese che il giovane recluso al centro di quell’assurda galera non poteva essere altri che Lord Raphael, il cui spirito era stato relegato in quel luogo quando ancora serviva come principe agli ordini dell’amato padre.

Marchesa intuì che il numero che accompagnava ognuna delle isole rivelava l’età in cui era stato creato il ricordo di Raphael, e una volta rivelato il mistero la compagnia si accinse a scoprire, una per volta, le memorie del proprio avo, sacrificando a turno parte della propria essenza vitale per manifestare il potere dell’insaziabile strumento dei demoni, sottraendo di volta in volta alle mani scolpite e artigliate le brillanti gemme evocate dai colori delle emozioni rubate al Signore di Lairenne.

Nell’osservare i ricordi di Lord Raphael, molte tra le disgrazie avvenute negli anni passati trovarono infine la loro giustificazione. Lord Raphael era stato soggiogato dai piaceri della carne in gioventù e aveva trasformato il suo palazzo in un luogo scabroso, ove qualsiasi lasciva trasgressione era concessa. Tuttavia, quando rinvenne il tomo vergato da Bertrando, la sua mente già malata ne venne ossessionata, spingendolo a compiere atroci nefandezze: gli avventurieri lo videro mentre cavava gli occhi con un pugnale al sacerdote della Croce Nera che aveva osato recargli discontento con le proprie critiche, e successivamente drogare e affogare la ciurma di commercianti per un futile disaccordo; Lord Raphael accolse Zethrela nelle proprie terre affinché gli procurasse intrugli e droghe per i suoi piaceri ma dopo se ne servì per avvelenare i propri fastidiosi cortigiani, trasformandoli in mostri cannibali e tenendoli segregati per anni tra le mura del distretto nobiliare; e quando gli abitanti di Tullvéch cercarono di far udire la propria voce, ordinò al suo capitano Razàl di volgere i cannoni all’interno delle mura, condannando all’agonia e alla morte la maggior parte dei suoi sudditi. Grande fu il dolore di Grinwald quando assistette alla morte di Arthurius, paladino di Libra, avvelenato dal vino del suo ospite e spietatamente ucciso dal coltello sacrificale di Zethrela, sotto lo sguardo crudele del Signore di Lairenne.

Per ognuna delle memorie che liberavano, gli avventurieri avvertirono il peso delle emozioni suscitate dai colori della follia della mente inquieta di Lord Raphael, e così compresero che quel luogo tratteneva prigioniera la lucidità che ancora restava nell’animo del loro avo. Quando anche l’ultima prova fu superata, i compagni tornarono all’isola centrale, dove il giovane combattente, adesso vigile e pronto, fronteggiava un’odiosa creatura, emersa dal pozzo oscuro che adesso ribolliva di acqua nera e fangosa. Un corpo lucido, la cui geometria sembrava a tratti non rispettare le leggi del Creatore, levitava a pochi metri dalla superficie dell’acqua putrida, offrendo ai combattenti un malvagio occhio rosso come il sangue; Grinwald comprese allora che nessun compromesso era concesso, poiché folle soltanto è quell’uomo che contempla un accordo con tali perversi abomini.

Eroicamente tutti gli avventurieri si lanciarono subito in aiuto del giovane Lord Raphael; Dorian tuttavia intuì presto che il demone non poteva essere ferito dalle comuni armi, e ricorse ai suoi incantesimi incoraggiando Marchesa a fare altrettanto, ben ricordando che la stregoneria e i servi di Acheron condividono nel caos la loro comune origine.

Tuttavia fu soltanto quando Grinwald venne trascinato all’interno del liquame nero che il mago veste ebbe conferma delle proprie intuizioni: le gemme raccolte dalle dita artigliate d’ossidiana, che ancora il paladino aveva nella sua bisaccia, causarono una violenta crisi nella forma liquida del demone, e tosto tutti gli avventurieri si affrettarono a lanciare le rimanenti pietre preziose in loro possesso nell’acqua scura. E quando anche l’ultimo frammento della memoria di Lord Raphael fu affogata, la prigione della sua mente si dissolse, liberando allo stesso tempo il suo spirito e quello degli avventurieri che ne condividevano il fato.

In preda a un terribile dolore, Bell ci mise qualche tempo prima di accorgersi di essere disteso sul polveroso pavimento della caverna, accanto ai suoi compagni che lentamente si destavano dallo stesso, innaturale torpore; ma furono grida disperate e sconnesse a costringerlo ad alzarsi e cercarne la fonte. Poco distante, dopo una curva dell’ampio antro, egli vide la sagoma di Lord Raphael stagliarsi contro la luce brillante del mattino che entrava abbondante da una gigantesca finestra affacciata sul lago di Greveil. Il vecchio avo sembrava in preda a una profonda crisi, e finalmente si liberò dell’arcano tomo che aveva corrotto i suoi pensieri per più di due terzi della sua vita, scaraventandolo ai suoi piedi.

Quando si accorse della presenza degli avventurieri, Lord Raphael parlò con voce rotta dalla disperazione. E Grinwald comprese in quell’istante che la mente del Signore di Lairenne era finalmente libera dalla pazzia, e che il suo avo, il cui cuore era stato naturalmente disposto all’onore secondo gli insegnamenti del padre, non avrebbe mai tollerato di vivere un solo giorno in più nella consapevolezza di quali atrocità e orrori aveva commesso sotto l’influenza dello spietato demone. Lord Raphael si spinse indietro con un passo e poi un altro ancora, fino a trovare l’abbraccio vuoto del baratro alle sue spalle.

Così morì il Signore di Lairenne, e il suo corpo straziato a lungo sarebbe rimasto tra gli scogli affilati ad oriente dell’imponente maniero del suo casato.

Esausti e spossati, gli avventurieri si prepararono a tornare alla sicurezza offerta dalle mura del borgo di Tullvéch, non prima che Dorian raccogliesse il tomo abbandonato sul ciglio della scogliera da Lord Raphael. Ed il mago veste, che fino a quel momento ne aveva sottovalutato l’importanza, atterrì nel riconoscere il Malus Vizeraj, il flagello degli stregoni, l’innominabile tomo tra le cui pagine si annidava lo spietato demone che senza dubbio aveva consegnato la mente del Signore di Lairenne prima alla depravazione, poi alla crudeltà e infine alla follia. Lord Raphael aveva imputato all’Angelo di Brandano la fonte di ogni male, e tuttavia le ossa del drago mai avevano interferito con la vita di alcuna delle creature del maniero che era stato costruito al di sopra del luogo che avevano scelto per il loro ultimo riposo.

Facendo appello a tutte le proprie forze, gli avventurieri raggiunsero il molo nella speranza di recuperare la propria imbarcazione, ma nel momento in cui discendevano la scala d’ossa eretta dal loro stregone, essi videro un’altra imbarcazione avvicinarsi lentamente al deserto approdo settentrionale. Eppure il loro cuore ansioso si placò subito nel riconoscere a prua la snella e alta figura di Elinor dall’inconfondibile profilo tracciato dalla sua maschera-corvo: ciò che restava della Compagnia del Corvobianco era infatti giunta alla loro ricerca, dopo aver atteso notizie degli avventurieri per più di tre giorni.

Gli otto eroi riuniti fecero dunque ritorno a Tullvéch, ove lavate e fasciate le ferite brindarono con gioia al successo di quella rocombolesca impresa che, come oggi sappiamo, avrebbe dato lustro e lunga prosperità alle terre un tempo maledette del feudo di Lairenne.