Il querceto dell’orrore

Quando i Carnefici fecero ingresso a Gundobad sul dorso di possenti cavalcature da guerra, il silenzio calò tra le strade della decadente città. I guerrieri dalla maschera di morte e dalle lunghe lame nere avevano attraversato le terre selvagge sin dai vuoti baratri dello Xamen Inferiore per vincere o morire al fianco del Re Stregone.

All’interno di una delle sale private del rifugio di Jorge, la Compagnia si preparò a lasciare la città il giorno successivo. Di comune accordo gli avventurieri avevano deciso di colpire Lyanna nel suo nuovo rifugio, la tenuta dei Dravlock, situata a nord di Luth Golein. Con un pò di fortuna, pensava Theodor, avrebbero potuto sottrarre il barone dalle grinfie di questo mostro tornato dal passato, e in tal modo riscattare il triste fato a cui era stato condannato il vescovo della Croce Nera della città. Telehma invece, i cui studi lo avevano portato ad indagare le arti del controllo della mente, era tutt’altro che ottimista. Ð e Victor Meyer sarebbero rimasti a Luth Golein, mentre Unwor avrebbe accompagnato il gruppo nella difficile missione.

L’alba successiva, le sentinelle della torre settentrionale, opportunamente corrotte dagli uomini di Jorge, lasciarono passare la Compagnia oltre l’imponente barbacane. Attraversando i campi resi a tratti bianchi dal gelido inverno, gli avventurieri seguirono le indicazioni che Jorge aveva dato loro, concedendosi solo poche soste. Quando risalirono la vecchia mulattiera che si inoltrava nell’antico querceto della dimora di Dravlock era già giunto il tramonto.

Mentre la luce morente disegnava lunghe ombre sul sentiero, un canto lontano accarezzò le orecchie dei membri della Compagnia. Temendo una trappola, gli avventurieri decisero di ignorare la voce melodiosa, procedendo risolutamente sul sentiero, ma di lì a poco Crovont, Narth, Falstaff e Unwor caddero vittima del potere ammaliante della canzone stregata, e storditi lasciarono il sentiero, diretti verso la misteriosa voce bianca.

Theodor e Telhema si adoperarono con tutte le proprie forze per riportare i compagni alla ragione, ricorrendo a numerosi sortilegi, ma Falstaff e Unwor rimasero sotto il controllo dell’ipnotico canto a dispetto di quanto potessero fare i propri amici. Narth, nel tentativo di fermare Unwor, si affrettò prima degli altri e raggiunse una piccola radura ove sorgeva un unica grossa quercia prima di foglie, che sembrava emettere un terribile lezzo.

Innanzi ai suoi occhi vi erano quattro tra le più grottesche e orrende creature che Narth avesse mai visto: giganteschi avvoltoi il cui corpo era per metà quello di una donna umana, zanne e rostri acuminati alle loro estremità . In contrasto con la loro mostruosa forma fisica, due delle creature innalzavano un canto superbo, intriso di un’insidiosa magia, mentre le restanti dilaniavano senza pietà il corpo di un malcapitato armigero ormai senza vita. Quando notarono Narth, tre delle bestie gli volarono minacciosamente incontro, mentre la quarta continuò a cantare. Unwor, sembrava incapace di rendersi conto di cosa stesse succedendo, e Narth si trovò solo contro le tre creature alate.

Munite di rostri affilati come rasoi e artigli dilanianti, le tre Arpie si avventarono sul nano, squarciando carne, pelli e anelli di maglia. Per quanto Narth si battesse con coraggio, il nano sarebbe certamente caduto se sulla scena non fossero intervenuti prontamente i suoi compagni. Theodor ricorse ai propri poteri sacri per rendere inoffensiva una delle creature, mentre Telhema e Crovont utilizzavano i propri potenti incantesimi contro le terribili bestie rimaste. Dopo una feroce battaglia che quasi costò la vita a Narth e Crovont, la Compagnia si riunì di nuovo osservando disgustata i corpi degli incubi che aveva combattuto.

Duramente provati dallo scontro, e quasi del tutto privi di risorse magiche, gli avventurieri trovarono più sensato accamparsi per la notte, sperando di riposare nel querceto. Tuttavia, mentre già si disponevano ad una nuova notte all’adiaccio, il Malus Vizeraj ammonì Falstaff: il tempo era contro la compagnia, e Lyanna avrebbe presto agito contro di loro.

L’esploratore si premurò di avvisare i propri compagni, e forse fu il suo tono preoccupato a convincerli a muoversi di nuovo. Telhema ricordò improvvisamente che forse vi era un seguace di Lyanna che li avrebbe aiutati, e consigliò di cercare Waerd, il paladino di Edra costretto da Vorlock a divenire il custode della carrozza nera.

Raggiunta la fatiscente villa, la Compagnia non tardò a notare le luci accese all’interno della costruzione, e sfuggendo alla vista dei due soldati di guardia presso l’ingresso, si intrufolò in un vicino casolare, abbastanza grande per ospitare la carrozza nera. Il sinistro mezzo di trasporto si trovava al suo interno, insieme al suo tenebroso custode. Egli si rivolse a Telehma con misteriose parole, e dopo averne sfiorato il petto con le dita ossute, la Compagnia vide il corpo di Telehma ridursi all’istante in polvere.

Ben pochi conoscono cosa accadde dopo: eppure, quando il mago veste emerse nuovamente insieme ai suoi compagni dal caseggiato, il suo pallore era mortale, e parecchi dei suoi capelli erano stati resi bianchi per la terribile esperienza. La compagnia aveva appreso da Waerd che Lyanna dimorava nell’ultimo piano della villa, difesa da uno dei suoi più fedeli amanti.

Con poche informazioni a disposizione, la Compagnia penetrò nella villa e si fece silenziosamente strada sino al secondo piano dell’edificio principale. Alla ricerca delle scale che davano accesso all’alcova di Lyanna, gli avventurieri penetrarono in una buia sala, decorata da arazzi e vestigia dei Dravlock. Fu allora che la voce severa del guardiano di Lyanna li apostrofò con malvagia crudeltà.