Nel nome della Regina

Del sangue versato sulla sabbia dai crociati che volevano convertire le blasfeme terre di Stygia si sarebbe parlato a lungo. I bardi cantarono di tremila fedeli soldati, che sacrificarono la propria vita quel giorno per annientare l’antico male che si torceva sotto le sabbie. Tuttavia ciò che accadde veramente si rivelò soltanto agli occhi di coloro che avevano saputo interpretare il sogno della fenice, e a nessun altro.

Il silenzio sembrava una coltre impenetrabile, e l’elaborato mosaico innanzi agli avventurieri era spezzato soltanto da chiazze di sangue rosso, versato pochi attimi prima da letali assassini, celati alla vista. Xirtam attinse a tutto il proprio coraggio e varcò l’ingresso, avanzando verso l’arcaico simbolo di Acheron impresso davanti a lui, che a distanza di millenni proiettava ancora la sua inquietante ombra. Il bardo non poteva sapere che la Torre del Serpente era stata eretta in quel luogo proprio per celare quel simbolo incancellabile, per occultare una delle prove dell’imperituro dominio tradito dal vendicativo dio serpente.

Mentre il bardo avanzava, una silenziosa ombra si staccò da una delle colonne alla sua sinistra: se Xirtam avesse avuto un fratello gemello, non sarebbe stato più simile a lui della creatura che gli si parava ora innanzi. Non ebbe bisogno di attendere che l’apparizione proferisse parola per riconoscere il demone che un tempo gli era stato destinato, pronto a riprendere possesso del corpo donatogli con l’inganno sugli altari di Kardys.

I replicanti dell’intera compagnia, inconsistenti ombre del reame dell’incubo, non tardarono a mostrarsi: otto figure speculari, che mostravano la loro diversità soltanto negli occhi disumani e nel loro ghigno tanto beffardo da deformarne il viso. Essi avevano atteso a lungo, e reclamarono finalmente per sé i corpi degli avventurieri: nemmeno il sangue di Deeva poteva fermarli perché essi ancora privi di un corpo, ne erano totalmente immuni. Il marchio di Acheron dava loro la forza per manifestarsi, e prima che gli avventurieri potessero replicare, i demoni li aggredirono senza pietà.

Ne seguì una battaglia furiosa, in cui gli avventurieri fecero valere la forza del proprio acciaio, sebbene le creature si fossero vantate del mancato legame con la materia; eppure le lame li trapassavano e ferivano i loro immondi simulacri. Nessuno degli avventurieri ebbe tempo di riflettere su questi bizzarri accadimenti, perché il demone di Jack Faust riuscì a prendere il corpo del sacerdote di Kardys, e le preoccupazioni dell’intera compagnia furono calamitate dal mutare dello spirito del loro compagno.

Poiché il demone aveva promesso di servire la sua regina, gli avventurieri gli concessero di accompagnarsi a loro, nella segreta speranza di salvare in qualche modo Jack Faust. Quindi abbandonarono la sala nell’oscurità, dove sette corpi straziati con le loro sembianze erano distesi al suolo; nessuno di essi ebbe il tempo di soffermarsi un solo istante a dubitare su chi fossero coloro le cui vite erano state spezzate, e chi stesse invece proseguendo la missione.

Accedendo ad un piano superiore nella torre del serpente, i talenti di Andrey preservarono la compagnia da una terribile trappola, superata con l’ingegno dei propri compagni. Tuttavia, per attraversare indenni quelle sale essi furono obbligati ad onorare il rituale del serpente: una trappola nella trappola, forse più pericolosa delle fiamme di Seth.

Risalendo ancora verso la sommità della torre, giunsero infine alle sale segrete del serpente, ove li attendeva la sinistra effige di Seth, che per interi secoli aveva custodito lo spirito imperituro del Gran Sacerdote Aketméth.

Nel silenzio irreale, gli avventurieri si prepararono all’ultimo, decisivo confronto che avrebbe segnato le loro vite per sempre.