Personaggi – Il Sogno della Fenice

  • Arlan Edregh

    Il lusso e gli agi concessi a questo nobile giovane resero la vita di Arlan Edregh estremamente semplice, e si può ben dire che trascorse i migliori anni della sua vita a sperperare le risorse accumulate dai suoi avi. I suoi più anziani tutori, preoccupati per il temperamento irresponsabile di Arlan, riuscirono a persuadere gli oligarchi di Remkha a concedergli il controllo del distretto minerario di Kherd, facendo leva sull’importanza del nome del defunto padre. Inizialmente restio ad assumere la carica di sovrintendente, Arlan cambiò idea dopo aver constatato a quali privilegi avrebbe avuto accesso, unitamente al prestigio conferitogli da una tra le cariche più importanti della Città di Rame.

    In qualità di sovrintendente, Arlan avrebbe dovuto effettuare un sopralluogo alle miniere una volta al mese, tuttavia l’irritazione che ogni sua visita provocava in Thormul, il guardiano del distretto minerario di Kherd, lo divertiva al punto che egli triplicò le sue visite, traendo sempre nuovo diletto dal borbottare infastidito del nano.

    Durante il 1284, il distretto di Kherd venne aggredito da nere creature, probabilmente una piccola orda superstite degli Artigli di Gothmog, e Arlan, su consiglio di uno dei suoi più fidati amici, decise di rivolgersi a Tholkad Beld, capitano dei superstiti della compagnia delle Sette Lance. Arlan riponeva molta fiducia nell’abilità dei mercenari, ed infatti negli anni che seguirono il distretto di Kherd non venne più aggredito dalle malevole creature delle tenebre.

    Tuttavia l’anno successivo un inatteso accadimento cambiò per sempre la vita di Arlan, così come quella di Thormul e di tutti gli schiavi ed i guardiani della miniera. I dotti concordano nel dire che fu proprio la brama famelica di nuove ricchezze che condannò Arlan al suo terribile fato.

    Poco tempo dopo Arlan nominò un nuovo guardiano del distretto minerario, il quale si premurò subito di acquistare un ingente numero di schiavi, senza spiegare che fine avessero fatto i precedenti, o quale sorte fosse toccata a Thormul. Inoltre, stupendo persino i suoi più anziani consiglieri, il discendente del casato di Edregh si trasferì qualche mese dopo nel distretto minerario, dimostrando uno zelo inconsueto nell’occuparsi del suo incarico, mentre Tholkad Beld venne inviato nella sua villa di Remkha, per occuparsi degli incontri formali richiesti dalla sua posizione.

    Alcune malelingue ritennero che Arlan fosse stato ucciso, ed il suo corpo nascosto da Tholkad per usurparne la posizione, tuttavia il sovrintendente di Kherd non manca di recarsi a Remkha quando richiesto dalle più alte autorità, dimostrando la falsità di queste dicerie. Coloro che furono i suoi più cari amici adesso preferiscono fuggire la lingua tagliente e le crudeli osservazioni di Arlan, che ha rivelato in più di un’occasione di conoscere accuratamente la grettezza dei ruffiani che un tempo frequentavano la sua dimora.

  • Atma

    Nata a Remkha da una famiglia di umili origini, Atma trascorse la sua infanzia tra i moli della Città Vecchia e le pentole sporche della taverna Seneth del padre, apprendendo già molto giovane l’arte della seduzione dalle schiave che allietavano le notti degli indaffarati marinai che transitavano per la Città di Rame. A quattordici anni Atma era già considerata una tra le più belle ragazze della Città Vecchia, ed il suo fascino era accresciuto da risposte acute e da una mente sempre vigile. Tuttavia le offerte dei mercanti di schiavi si facevano più generose di giorno in giorno, sinché il padre, che ben conosceva le doti della figlia, pose Atma davanti ad una prova terribile: ella avrebbe condotto gli affari della taverna Seneth per un solo giorno, ma se non avesse guadagnato una somma pari all’offerta più alta che aveva ricevuto, sarebbe stata venduta come schiava. A nulla valsero le grida di protesta, il pianto e la disperazione di Atma, il padre fu irremovibile: il giorno si avvicinava e quando la giovane comprese che non avrebbe potuto sottrarsi a quella prova, la sua mente iniziò a lavorare incessantemente. Perché Atma aveva certo considerato l’idea di fuggire con uno dei suoi tanti amanti, ma alla fine il suo orgoglio prevalse, e decise che prima di allontanarsi avrebbe scagliato sul viso paterno la somma che lui era disposto ad accettare per venderla come schiava.

    Quando il giorno giunse, il padre le affidò la taverna Seneth, con la promessa che sarebbe ritornato il giorno successivo. Non appena sparì alla vista, Atma diede ordine alla servitù di vendere al mercato del Suk ogni cosa si trovasse all’interno dell’edificio, comprese le preziose stoffe e i candelieri d’argento, tutto eccetto il vino e i liquori. Dopodiché percorse a lungo i vicoli della città vecchia perché tutti sapessero che quella sera Atma, per la prima e unica volta, avrebbe danzato per gli avventori della Stella del Vespro.

    Chi era presente, racconta che quella sera si riunì una torma di avventori come non si era mai vista, così tanti che le provviste della cantina del Seneth non bastarono e gli schiavi servirono acqua piovana mista a succo di mele a coloro che chiedevano sidro; eppure, nessuno protestò, perché Atma sapeva stregare l’animo di chi seguiva la sua danza e poco o niente importava agli avventori di ciò che veniva servito nei loro boccali.

    Quando il padre di Atma tornò il giorno dopo, trovò la giovane sfinita sulla soglia e gli schiavi addormentati ai suoi piedi. Si dice che il padre rise nel vedere quello che lei aveva fatto, e senza contare il danaro che aveva raccolto le disse che niente di meno si attendeva da sua figlia e che da quel momento sarebbe stata libera di fare della sua vita ciò che più le aggradava. Solo allora Atma si accorse della fierezza con cui il padre la guardava, e comprese quanto era stata sciocca a non capire subito le sue intenzioni e l’insegnamento che aveva ricevuto. Decise quindi di restare al suo fianco e condurre gli affari della Stella del Vespro come il padre aveva sempre desiderato.

  • Cod Blossom

    Nessuno sa di preciso quando Cod Blossom si stabilì nella Città Vecchia di Remkha, o in che modo sia giunto nella Città di Rame, ma tutti gli abitanti del distretto ricordano bene la costruzione del bizzarro osservatorio sulla sommità dell’abitazione dello gnomo: una traballante e strampalata installazione di rame e ottone riparata dal sole da un telo doppio, nella quale Cod aveva trasportato, chissà come, un rudimentale ed ingombrante telescopio.

    La bizzarria dello gnomo aveva lasciato indifferente il gusto degli abitanti della città vecchia, a differenza dei gabbiani del porto che ne furono letteralmente entusiasti, e cominciarono sin da subito ad abbellire la sommità dell’osservatorio di Cod con i propri nidi.

    Cod non ha mai tollerato l’intrusione dei piumati volatili e si è convinto si tratti di una congiura di questa malvagia specie alata contro la scienza dell’astronomia. Purtroppo i nidi sono ben al di là della sua portata, e così lo gnomo ha pensato di sbarazzarsene accogliendo numerosi gatti nella sua casa. Tuttavia, vista l’abbondanza dei roditori del deserto, i gatti di Remkha hanno prede ben più semplici da cacciare, ed in genere evitano di affrontare i pericolosi rostri dei gabbiani; ne consegue che i risultati della personale guerra di Cod contro contro i dispettosi uccelli dalle ali bianche siano stati fin’ora piuttosto scadenti.

    A dispetto del suo carattere non proprio amabile, Cod è un esperto erborista, passione che gli deriva dal suo amore per le varietà di tabacco che è solito fumare in una lunga pipa. Gli abitanti del quartiere ritengono che le attività principali di Cod Blossom si limitino nel vendere balsami dal gradevole profumo e litigare con il vicino alchimista, Drognan, ogni volta che se ne presenta l’occasione: tuttavia, Cod trascorre la maggior parte delle notti nel suo osservatorio e chi lo conosce bene sa che egli ama definirsi prima di tutto un astronomo e un astrologo, il cui piccolo cuore si commuove davvero soltanto innanzi alla bellezza di un cielo ornato da uno stupefacente firmamento.

  • Deeva

    Negli anni che precedettero l’ascesa di Seth, esisteva una stirpe di uomini mortali che riuscì a soggiogare gli abitanti del regno dell’Incubo ai propri voleri. Alla guida di eserciti demoniaci, essi sconfissero qualsiasi avversario e piegarono la resistenza delle tribù di uomini mortali, inaugurando un Impero terribile e invincibile allo stesso tempo.

    Grazie alle arcane conoscenze della stirpe di Acheron, i demoni erano in grado di varcare costantemente i cancelli del mondo mortale, ed essi inflissero agli uomini sofferenze indicibili, sebbene fossero costretti a inchinarsi davanti ai discendenti della stirpe che li aveva soggiogati, poiché il sangue che scorreva nelle loro vene era in grado di distruggere persino il più potente tra i maestosi dominatori del reame dell’Incubo. I Demoni eressero mostruose cittadelle deformi, protette da cancelli dalle dimensioni inumane per i loro signori, e torturarono l’essenza stessa della terra, annientando la vita e mutando in distese desertiche le terre dell’Impero.

    Tuttavia, ai faraoni poco importava, poiché essi indulgevano nelle ricchezze e nei piaceri, nonostante fossero assillati dal pensiero che la loro grandiosa stirpe, per quanto longeva, era pur sempre mortale. Thotmekri fu il primo sovrano ad ordinare ai Demoni di erigere il suo sepolcro con una forma perfetta, e sebbene le creature dell’Incubo fossero costrette ad obbedire, esse trovarono nella simmetria della piramide un ordine che lacerava la loro essenza. Tutti i sovrani che seguirono richiesero sepolcri simili, e il cuore dei Demoni si gonfiò di un odio smisurato per coloro che erano costretti a servire.

    Molti secoli più tardi, la stirpe di Acheron era prossima a scoprire il segreto dell’immortalità attraverso la pratica della magia nera. Il corpo di Deeva, nata dall’unione di Anklagor e Nefertari, venne immerso nel sangue di mille schiave vergini, sacrificate ai diabolici altari di Acheron. Anklagor era certo che il corpo della figlia sarebbe divenuto immortale, e avrebbe potuto sfidare il passare dei millenni. La storia ci insegna che egli era nel giusto; tuttavia l’antico signore di Acheron non avrebbe mai potuto assistere al trionfo delle sue arti sulla morte.

    Inebriata dai vizi e dal potere, la stirpe di Acheron non si avvide del tradimento sino a quando non fu troppo tardi. Akethmèt, Gran Sacerdote del segreto culto di Seth, aveva trovato la chiave per convincere i Demoni a rinnegare i propri signori: il generale degli eserciti di Acheron, indossando il Talismano dell’Ombra, spalancò le porte della cittadella imperiale agli uomini di Seth. Essi penetrarono nelle ricche sale dei sognanti signori di Acheron, e li uccisero spietatamente.

    Deeva avvertita in tempo dai sacerdoti di Acheron, e si tolse la vita con il veleno. I sacerdoti mummificarono il suo corpo e lo seppellirono nella gigantesca piramide dei suoi avi, sino al giorno in cui esso venne strappato alle sabbie, affinché il suo destino potesse compiersi durante l’Ora del Serpente.

  • Riltar

    Prima del terribile incidente Riltar non aveva mai avuto fissa dimora. Cresciuto da una gruppo di musicanti itineranti, Riltar era abituato a viaggiare costantemente di città in città, ed i suoi occhi mirarono la fierezza dei contrafforti innevati di Alba e le antiche guglie riflesse nei canali della sognante Zarix.

    Riltar dimostrò subito un innato talento per la musica ed il canto, e si appassionò all’insolito e ingombrante violoncello dal quale si separava raramente. Quando la compagnia dei musicanti si sciolse molti anni addietro, Riltar, il cui sangue mezz’elfo gli aveva donato una longevità fuori dal comune, continuò le sue peregrinazioni, vivendo la dura ma libera vita dei menestrelli e continuando ad incantare le genti del Vecchio Mondo con la sua musica struggente e malinconica.

    All’alba del 1247 una grande guerra si preparava a settentrione e Riltar che non amava la battaglia, desiderò allontanarsene il più possibile. Fu per questo che si incamminò verso il limitare dei deserti Zyrkaniani, ove sperava di vedere con i propri occhi la tanto cantata Remkha, la Città di Rame. Tuttavia mentre transitava la palude del Danarg, il gruppo di pellegrini a cui si accompagnava venne aggredito da un mostruoso Gurghaz che cominciò a mietere le vite di chiunque gli si parasse innanzi. Riltar comprese di non avere le forze per affrontare la malabestia e cercò scampo nella palude, dalla quale emerse soltanto dopo molti giorni di faticoso ed estenuante cammino.

    Fu un mero caso che permise a Riltar di sopravvivere a quell’ordalia. Quando giunse alla vista dei cancelli d’ottone di Remkha, egli si imbattè nella scorta di Halima, moglie dell’alto magistrato locale, la quale, commossa dalla sua storia e dalla sua soave musica, decise di accoglierlo come schiavo affinché allietasse con il suo canto le sale del suo palazzo. Il mezz’elfo ancora non sapeva che la ferita riportata nella fuga si era infettata a tal punto da esigere l’amputazione del suo arto, ma riconobbe la verità nelle parole del maestro d’armi dell’alto magistrato e acconsentì alla sanguinosa operazione, intuendo che il fato aveva scelto per lui il luogo nel quale avrebbe trascorso tutti gli anni a venire della propria vita.

    Dopo circa quindici anni, Riltar guadagnò nuovamente il privilegio di uomo libero, e acquistò un’abitazione propria nella Città Vecchia. Il temperamento gioviale che il menestrello non aveva mai perduto gli permise di stringere duraturi legami di amicizia tra gli approdi della città di rame, mentre la sua musica viaggiava leggera tra le crudeli strade lastricate di Remkha.

  • Tholkad Beld

    Non molti conoscono nei dettagli il burrascoso passato di Tholkad Beld, ma si racconta che trascorse buona parte della sua giovinezza a bordo della Divoratrice, dapprima come mozzo e in seguito come corsaro. Il fato gli arrise sin da allora, ed egli venne cacciato dal resto della ciurma proprio qualche giorno prima del disastroso arrembaggio che inghiottì il temuto vascello nel gorgo dello Stretto della Morte.

    Non essendo in grado di condurre una vita comune, Tholkad si unì alla compagnia delle Sette Lance, e grazie alla sua intraprendenza divenne presto uno dei suoi luogotenenti. Quando il capitano della compagnia incontrò la morte durante l’assedio di Meridian, Tholkad dimostrò i suoi talenti e assunse il comando del manipolo di combattenti che era sopravvissuto.

    Negli anni a venire, le spade delle Sette Lance vennero vendute al miglior offerente, ma per ogni anno che passava dal termine della sanguinosa guerra contro Sherargethru, la tensione si allentava e gli ingaggi si facevano sempre meno frequenti e allettanti. La compagnia delle Sette Lance si sciolse quasi del tutto, e Tholkad si recò a Remkha, dove mise le lame che gli erano rimaste al soldo dei patrizi che offrivano il più alto tra i miseri compensi quali guardiani delle proprie sfarzose ville.

    Nel 1272, quando i suoi capelli si erano già macchiati di bianco, Tholkad incontrò Arlan Edregh, il quale era in cerca di mercenari per sorvegliare i confini del distretto minerario di Kherd dalle lance delle bieche creature nere che si aggiravano nella zona. Tholkad non sapeva ancora che accettando quell’incarico avrebbe cambiato del tutto la sua fortuna.

    Cinque anni dopo, il nome di Tholkad Beld era ben conosciuto a Remkha, ed egli abitava una tra le più suntuose ville della città, un tempo appartenuta ad Arlan Edregh. La sua disponibilità di conio sembrava quasi senza fine, ed i sontuosi ricevimenti tenuti dall’affabile mercenario invogliarono anche i più restii patrizi ad accoglierlo come proprio pari.