Il guardiano del tempio

Temuti ed odiati erano i pretori dell’ordine di Thenungel, poiché il loro verdetto era inappellabile, spietato e crudele. Essi erano i supremi giudici di Ygvengar, e nessuna legge era al di sopra della loro volontà.

Grinwald si dispose alla testa del gruppo, seguito da vicino dai suoi compagni. Al di là dell’imponente cancello, si apriva un chiostro elaborato circondato da colonne alte e superbe, che nascondevano in parte l’accesso a tre diversi templi eretti nel nome di Yg in epoche remote.

Seguendo le indicazioni di Nefni, la compagnia si avviò verso il massiccio doppio battente, ma quando furono a pochi passi una delle ante si accostò cigolando. La fronte del paladino si corrugò non poco, poiché anche il cancello si era aperto nello stesso modo; se si fosse trattato o meno un elaborato tranello degli Ygviri, non vi era che un solo modo per scoprirlo. La Sentinella di Libra non esitò e si tuffò tra le ombre del tempio, inseguita dalla spettrale luce emessa dal bordone di Dorian.

Le sale del tempio erano numerose ed ognuna di esse era adornata da elaborate effigi di Yg; tutte però erano prive di mobilia, forse consumata dal passare dei secoli. I fregi e le sculture rivelavano una civiltà raffinata seppur inquinata da una morale distorta, e Dorian si chiese quali importanti segreti avrebbero rivelato quegli antichi monumenti, se in qualche modo fossero stati in grado di favellare.

Sebbene la compagnia avanzasse cautamente guardinga, il percorso scelto da Nefni doveva effettivamente essere poco sorvegliato: nessuna porta era chiusa a chiave e le poche volte che Marchesa riusciva ad udire i passi cadenzati degli Ygviri, essi erano sempre ovattati e distanti.

Infine gli avventurieri giunsero ad una piccola sala rettangolare, il cui pavimento d’ottone era sbalzato in modo da raffigurare enigmatici simboli occulti, che pur trovando familiari Marchesa non riuscì a decifrare. Al centro della sala, un’inquietante effige di Yg era stata forgiata nello stesso metallo, e troneggiava sugli intrusi da un alto basamento, finemente inciso con caratteri sottili.

Incuriosito da quella indecifrabile simbologia, Dorian decise di ricorrere ad uno dei suoi incantesimi per apprendere il contenuto del messaggio inciso sul basamento, ma, dopo aver eseguito l’arcano, si accorse con orrore che nessun potere magico poteva manifestarsi in quel luogo. Con occhi per la prima volta spaventati, lo stregone esortò i suoi amici a lasciare precipitosamente quella sala, poiché nessuna difesa avrebbe potuto offrire ai suoi compagni in caso di pericolo.

Grinwald non ebbe esitazioni e guidò rapidamente gli avventurieri all’altra estremità, dove una porta appena socchiusa li attendeva; tuttavia, non appena i profanatori del tempio giunsero a pochi metri dall’uscita, il pavimento sotto i loro piedi si spalancò, obbligandoli a precipitare in un nero abisso.

Marchesa effettuò con eccezionale destrezza una serie di giravolte, assecondando il movimento della caduta in modo che causasse meno danni possibili, e quando alzò lo sguardo vide Dorian discendere lentamente, fluttuando nell’aria con espressione rilassata: lontano da quella statua maledetta, lo stregone aveva ritrovato subito i suoi poteri.

Tuttavia sorte ben peggiore era toccata ai due amati combattenti: Grinwald giaceva circondato da una dozzina di lance, miracolosamente illeso ma privo di sensi, mentre a Bell era toccato il destino peggiore, ed il guerriero agonizzava, trafitto all’altezza dell’addome da un’acuminata picca di metallo. Non vi era alcuna traccia di Nefni, e la sua semplice assenza instillò subito atroci sospetti nella mente degli avventurieri.

Senza indugio, Marchesa e Dorian cercarono di soccorrere l’amico, flagellato dalla consueta scalogna, ma i tentativi di arrestare l’emorragia di una ferita così profonda si rivelarono presto inefficaci. Incapace di trovare alternativa, lo stregone scelse di stringere un accordo con il demone che abitava nella mano destra di Bell, mostrandogli la pergamena in grado di squarciare il velo del mondo di Mai, la chiave per raggiungere l’odiata Zethrela.

Il demone acconsentì a salvare la vita di Bell, ma avanzò una bizzarra richiesta: per poter assistere il guerriero, le disgustose fauci del demone avevano bisogno di divorare la nuda terra. La sala in cui erano precipitati era stata lastricata da ogni parte da granitici blocchi di pietra, ma una delle pareti era stata danneggiata, probabilmente in seguito ad un violento terremoto, e in quel punto si apriva uno stretto e ripido passaggio, reso scivoloso da putrida acqua corrente.

Ansiosa di eseguire la richiesta del demone e salvare la vita di Bell, Marchesa si precipitò ad esplorare il passaggio, ma l’agitazione le impedì di preservare il suo raffinato senso dell’equilibrio, e la baronessa scivolò giù urlando lungo un ripido pozzo verticale.

Ancora una volta privo di scelte migliori, Dorian evocò un vortice stregato dal quale emersero mani scheletriche in grado di sollevare di peso i due guerrieri privi di sensi; così, chiamando a gran voce Marchesa, egli la seguì verso un incerto destino.

Quando giunsero ruzzolando alla fine del passaggio, Marchesa e Dorian si trovarono immersi fino alla vita in uno stagno d’acqua fetida. Dalle ombre, un sinistro cachinno rivelava la presenza di un’altra creatura, e Dorian non perse tempo, illuminando l’intera sala con uno dei suoi incantesimi per rivelare ogni possibile nemico.

Mentre Grinwald, fradicio e dolorante, riprendeva i sensi, i fuochi fatui dello stregone illuminarono una creatura accovacciata, stretta in un lacero mantello rosso, il cui volto era nascosto da uno stretto cappuccio. Poiché l’individuo non sembrava ostile, i tre compagni trascinarono Bell verso l’estremità del sotterraneo, dove il demone iniziò a fagocitare la nera terra, frantumandola con le zanne sottili. Inorridita da quello spettacolo, Marchesa si alzò e fronteggiò l’estraneo.

Come la baronessa ebbe modo di accorgersi subito, la creatura non era in grado di comunicare con eloquenza, eppure la compagnia ne accertò l’identità: si trattava di Zaerthliti, il Signore degli Echteli che aveva tradito la sua stirpe, rubando il segreto che teneva in vita i frutteti di Yskemora.

Il volto di Zaerthliti era scavato e pallido, tanto che si sarebbe potuto scambiarlo per un morto, e Dorian indovinò che anch’egli aveva bevuto alla fonte della vita, ricevendone in cambio una distorta immortalità.

Dall’incompleta conversazione con l’orrenda figura gli avventurieri compresero di trovarsi nei sotterranei di quell’empio santuario, ma stando alle parole di Zaerthliti l’unica uscita era sorvegliata da Murmur, il guardiano del tempio. Egli li avrebbe guidati fino a lui, a patto che essi disponessero della forza necessaria a sconfiggerlo.

Ancora una volta, la compagnia raccolse le forze, mentre Grinwald invocava con tutta la sacralità della sua voce le ultime benedizioni che Libra poteva concedergli. Zaerhtliti li guidò curvo tra i passaggi e le sale per metà allagate al di sotto del grande complesso dei templi, ed essi lo seguirono.

Infine gli avventurieri giunsero ad un immenso pozzo circolare, dal cui soffitto vertiginosamente alto piovevano dei miseri raggi di luce danzante, emessa da bracieri e torce sopra di loro. Ma ciò che preoccupava maggiormente gli eredi di Lairenne era ciò che nascondeva il fondo del pozzo: acque scure e stagnanti rendevano impossibile indovinare la minaccia posta dal guardiano del tempio.

Dopo aver cercato invano di carpire qualche informazione utile da Zaerthltiti, Dorian si risolse ad evocare una raccapricciante scala d’ossa, e tutti gli avventurieri discesero nel pozzo, mentre il traditore degli Echteli si teneva cautamente al riparo dell’arcata del passaggio dal quale erano giunti.

Dorian aveva appena raggiunto i suoi amici, immergendosi fino alla vita in quel liquame nauseabondo, quando dal centro del pozzo emerse Murmur, ergendosi in possanza: il gigantesco serpente dagli occhi bianchi e vitrei, che aveva servito la sacerdotessa Yskemora mille anni prima, era stato nuovamente chiamato a svolgere il suo malevolo compito.

Sebbene la compagnia fosse allo stremo delle forze, si batté con grande valore e coraggio, e quando tutto sembrava perduto Marchesa, invisibile grazie ad uno degli incantesimi di Dorian, corse lungo le spire sinuose del rettile fino a raggiungerne il capo, trafiggendo con la sua fedele spada corta l’occhio destro di Murmur, e costringendo il guardiano del tempio a sprofondare nei neri abissi dai quali era giunto.

Ansiosi di lasciare quel luogo terribile, gli avventurieri si affrettarono a risalire la stretta scala a chiocciola che li avrebbe portati nuovamente all’interno del santuario di Yg, e si prepararono a rivelare infine il più profondo dei misteri della città perduta.