Prologo

Se, poco prima dei catastrofici eventi del nostro tempo, un’aquila rapace si fosse spinta dal suo nido sui Monti dei Giganti fino a sorvolare le terre di Lairenne, si sarebbe certamente sorpresa dei tanti cambiamenti avvenuti in pochi anni entro i confini di quel feudo tormentato.

Dal momento in cui aveva preso possesso della dimora dei suoi avi, la neo-baronessa aveva svuotato gran parte dei numerosi forzieri della rocca per dare nuova vita e rinnovato credito al nome dell’antico casato, e molte delle imprese da lei incominciate ebbero pieno successo.

Quella strada a cui il volgo aveva dato il nome di “sentiero dei dannati” era adesso percorsa giorno e notte da ronde armate su cui garriva fiero lo stendardo di Lairenne, e in pochi anni la presenza di tante spade e usberghi aveva convinto anche i più facoltosi mercanti a riprendere i commerci con il lontano insediamento di Tullvéch, nel momento in cui l’avidità, che sempre assedia il cuore di chi ha fatto del baratto un’arte, prevalse infine sul timore che ancora incutevano le ombre tetre della foresta di Evrèl.

Il borgo stesso che sorgeva all’ombra dei severi contrafforti era fiorito nuovamente e, dopo il difficile inverno del 1320, numerose famiglie di contadini, boscaioli e artigiani erano state attratte nella regione dalle invitanti promesse della baronessa di Lairenne. I campi, a lungo trascurati, vennero dissodati e coltivati, le fattorie, un tempo abbandonate, vennero ricostruite da mani laboriose e capaci.

Il ponte del maniero, sotto l’occhio esperto di Mastro Dargo, si ergeva adesso maestosamente ripristinato; soltanto l’antica Torre Alta rimaneva ancora dimezzata, ultimo ricordo dei tragici eventi che avevano mietuto la vita di tutti gli abitanti della rocca a causa dell’insensata follia dell’ultimo Signore di Lairenne.

E così, nella primavera del 1324, l’inatteso annuncio del grande evento ormai circolava tra tutti i villaggi delle marche occidentali del regno di Cheemon: la baronessa Marchesa aveva indetto un grande torneo dei cavalieri in occasione della Festa di Mezza Estate, per celebrare la gloria del Creatore e l’abbondanza generosa dei frutti di Edra. A centinaia partirono gli audaci senza terra seguiti dai propri scudieri, poiché le voci che si rincorrevano promettevano vi fosse in palio la mano stessa della baronessa, preda ambita per quel campione senza macchia né paura che avesse saputo irretirne il cuore con gesta di incommensurabile valore e indomito coraggio.

Cantano i bardi che alla vigilia del grande evento, anche i lontani cugini del casato di Lairenne, che tante peripezie avevano affrontato insieme pochi anni prima, iniziarono nuovamente il lungo cammino per tornare una volta ancora tra le terre dei propri avi. Eppure, ancor prima che i disgraziati eventi potessero assegnare a colui che è nel giusto la ragione, il loro cuore già intuiva la verità e batteva pesante in petto, gravato ad ogni passo da un sinistro e soffocante presagio di sventura.