La Porta dei Mondi

Mille e duecento anni dopo la fondazione dell’Impero, l’ombra si risvegliò ad est. La sua avanguardia era sotto il comando dei sette Signori delle Tenebre, i cui nomi terribili echeggiavano nel buio delle sale delle Torri Spezzate. Il più potente tra essi, Sharn, si erse in possanza e comandò le orde di Sherargethru durante l’invasione che avrebbe potuto distruggere, per sempre, le terre degli uomini. Ma durante la battaglia alla Gola del Terrore il Principe Elegh affrontò e distrusse Sherargethru, ponendo fine alla Terza Oscurità.

Seguendo il passo silenzioso di Systril, la Compagnia giunse alle sale sacre dello Ziggurath. Un vasto salone centrale, ormai spoglio e per metà allagato, conservava ancora pochi inquietanti elementi agli occhi degli avventurieri. Il mosaico del muro nel quale un tempo erano impressi i momenti più significativi degli Antichi, era rovinato e quasi del tutto indecifrabile, nonostante Theodor credette di riconoscere una delle proprie visioni in esso. Cercando di riflettere su quanto aveva rivelato loro Sistryl, la Compagnia decise di affidarsi alla propria buona sorte, e dopo aver scoperto la presenza di alcune pietre luminescenti nelle bocche di pietra sovrastanti la sala, Falstaff, Narth ed Adua decisero di scoprire se il mistero poteva essere risolto nel modo più semplice, strattonando le pietre nell’ordine che credevano fosse corretto. Theodor, Crovont e Telehma non potevano che esprimere la loro perplessità: sembrava tutto troppo semplice…

Le singolari pietre, serrate nelle mascelle di pietra, proiettavano una debole luminescenza colorata verso il centro della sala, dove i bagliori di luce, incontrandosi, vorticavano furiosamente. Ma proprio in quel momento, un violento trapestio si udì nei saloni dello Ziggurat, unito a urla e richiami. Una porta venne sbattuta con fragore, e il rumore degli stivali chiodati anticipò le due dozzine di Gnoll che si riversarono nella sala principale. Gli Gnoll si limitarono a ringhiare contro gli avventurieri, agitando le proprie armi, sino a quando i maghi veste grigia entrarono nella sala, incappucciati e silenziosi, prigionieri delle vesti che avevano tradito. A guidarli era una figura incappucciata, avvolta da un tetro mantello nero; Crovont non poteva esserne certo, ma la fibbia d’oro appuntata alla spalla di quel nuovo nemico gli sembrava recasse un simbolo che aveva già visto, molto tempo addietro nei sotterranei di Northgar.  Gli eventi precipitavano e mentre  gli avventurieri indietreggiavano il bagliore della Porta dei Mondi si fece più intenso.

Innanzi ad avversari numericamente superiori, la Compagnia valutò rapidamente se fuggire, ma l’unica via di scampo venne rapidamente scartata, nel momento in cui la spietata tenebra l’avvolse: con la disperazione nel cuore, Theodor si rese conto che il Flagello del Mondo di Mai era infine giunto, risalendo dalle profondità dello Ziggurat, attratto dalla possibilità di sfuggire alla suo dannato dominio. Il sacerdote estrasse il corpo pietrificato del dio-demone dallo zaino di Narth, e nella sua mente si fece strada un piano disperato: distruggere la statua con la chiave, condannando i maghi veste grigia e Gauhrir all’eterna prigionia. Con un semplice sguardo, Theodor capì che Narth aveva intuito che l’esito di questa azione avrebbe avuto l’infelice conseguenza di porre fine alla vita degli avventurieri. Anche Adua era cosciente di quanto sarebbe accaduto, ma era pronta a sacrificare la propria vita per ristabilire l’equilibrio della natura. Eppure, niente di ciò che avevano pensato si sarebbe verificato.

Mentre Theodor si muoveva verso l’ingresso nel quale la micidiale tenebra si addensava, due mostruose Lamie, le cui fattezze rassomigliavano in modo impressionante a quelle di Lyanna, emersero dal lato opposto della sala sacra, e con sorpresa degli avventurieri, esse si avventarono contro i maghi veste, facendo a pezzi gli Gnoll che li separavano dalle loro prede. Quando la battaglia ebbe inizio, la Compagnia si gettò nella mischia e Theodor si mosse rapidamente verso l’apertura inghiottita dalle ombre con l’intento di scagliarvi la statua ed il cristallo, e pregò intensamente che gli venisse concesso un segno, che confermasse la bontà di quanto stava per fare; ed un segno arrivò.

Due occhi, due fessure di un rosso infuocato, anticiparono l’immenso lupo dal manto irto e nero. La spaventosa belva la cui aura di terrore costrinse Theodor ad indietreggiare era Ghaurir, avatar della Seconda Oscurità. Le mostruose zanne, lunghe come pugnali, potevano verosimilmente lacerare metallo e carne, ma ciò che rese debole il fedele della Croce Nera era la sensazione del vuoto ancestrale emanata da quel colossale lupo nero, un’entità che esisteva solo per divorare e distruggere ogni cosa. Mentre Falstaff e Narth cercavano di respingere gli Gnoll, e Crovont ed Adua combattevano le numerose vesti grigie, Theodor invocò l’aiuto di Telehma per svellere il cristallo dalla gola del dio-demone, ma le parole di Sistryl si rivelarono esatte, e il cristallo rimase conficcato nella gola della statua, nonostante i sortilegi del giovane mago veste blu. Quando tutto sembrava perduto, un inaspettato soccorritore piombò sulla schiena di Ghaurir, ma la malabestia se ne sbarazzo rapidamente scaraventandolo contro una delle pareti. Theodor non sapeva chi potesse essere quel coraggioso, ma dal suono delle ossa frantumate ebbe l’impressione che nessuno avrebbe conosciuto il suo nome. Eppure, l’uomo avvolto nei suoi laceri indumenti, si rialzò e si avventò nuovamente su Ghaurir, brandendo una lunga lama d’acciaio.

Soltanto quando Ghaurir scaraventò nuovamente il suo avversario lontano da sè, Theodor avrebbe avuto risposta a quella misteriosa sequenza di avvenimenti. Quando il combattente si rialzò, il viso scarnificato si rivelò privo di mascella, e due zanne spaventose facevano mostra di sè rivelando la natura non morta del suo soccorritore. Innanzi agli occhi diafani di quella immortale creatura, Theodor imbracciò lo scudo e la sua mazza, ma l’ancestrale avversario abbassò la spada, e afferrato il cristallo dalle fauci del dio-demone, lo estrasse senza sforzo. Il non morto consegnò il cristallo all’esterrefatto Theodor, mentre nella sua mente echeggiava un misterioso avvertimento. Fu solo un istante, ed il guerriero tornò a battersi contro Ghaurir, mentre Telehma, rialzandosi gettò un grido di avvertimento: la voce del dio-demone, anticipata da un soffio e un sibilo avrebbe presto fatto crollare le pareti di pietra dello Ziggurat, e Theodor rotto ogni indugiò richiamò la compagnia verso il centro della grande sala, nel cuore della battaglia, dove la luminescenza vorticante aveva generato la sagoma stilizzata di un luminoso portale.

Stringendo il cristallo, Theodor e i suoi compagni si lanciarono seguendo Narth e Falstaff, che aprirono un varco nella calca a colpi di spada e scure, inseguiti dall’urlo spaventoso del dio-demone. Quando Telehma raggiunse il portale, gli sembrò che i suoi timpani venissero lacerati da quel terribile suono, e avrebbe giurato che la sua vita sarebbe terminata quel giorno.

Infine, Falstaff aprì gli occhi. Si trovava disteso in una delle stanze di Château d’Anglais; a poca distanza da lui, Narth tossì, riprendendo i sensi. Quando il nano si voltò, incrociando il suo sguardo Falstaff seppe immediatamente che non aveva semplicemente sognato: nessuno nella Compagnia avrebbe dubitato che l’esperienza che avevano vissuto nel mondo di Mai fosse irreale. Falstaff si fece forza e si mise seduto, mentre la voce di Anselmo gridava al miracolo dal capezzale di Theodor.

Eppure, per quanto fosse lieto di quel risveglio, Falstaff non riuscì a scacciare il presentimento che una presenza astuta e maligna fosse riuscita ad attraversare la Porta dei Mondi, inseguendo famelica la Compagnia sul suolo di Erehwon.