Il sigillo di Eberk

Se si vuole dare credito a quanto riportato dagli antichi manoscritti di Duerkràl, bisogna accettare che dalle incudini dei Forgiarune scaturirono artefatti grandi e terribili, le cui rune segrete potevano manifestare un potere ignoto a qualsiasi altra razza. Tuttavia, mentre i Nani diventavano abili nel forgiare corazze ed armi ed erigevano mura sempre più solide e durature, essi dimenticarono la Grande Arte. Da molti secoli ormai nessun Grande Artefatto viene più forgiato sotto la montagna, e forse mai più lo sarà.

Quando Re Eberk udì il racconto dei cavalieri, il suo cuore si incupì, poiché sebbene gli uomini fossero stati da sempre abituati a muovere guerra ai clan rivali, così non era per il popolo che viveva sotto la montagna: mai un Nano aveva rivolto la sua scure contro la sua stessa stirpe e per questa ragione il tradimento di Alarik era tanto vergognoso quanto incoffessabile. Narth-Urn si fece portavoce della decisione del Re: i cavalieri avrebbero avuto accesso al Thaig di Alarik, il cui ingresso era stato sbarrato alla morte del grande Forgiarune, e avrebbero tentato di strappare il nero Kheled-dran dagli artigli dei Distruttori.

I cavalieri vennero dunque scortati ai livelli inferiori di Uth-Drannor, ed essi videro che nel corso dei secoli i Nani avevano scavato con grande solerzia. Grandi e meravigliose erano le sale che attraversavano, ed essi non poterono che ammirare decorazioni e sculture in grado di togliere il fiato, tanto maestosa e superba era l’arte dei Nani dalla quale erano scaturite. Finalmente, giunsero sulla soglia del Thaig di Alarik, e le rune che ne impedivano l’accesso vennero spezzate. Immediatamente tre feroci Distruttori si scagliarono all’esterno, ma grazie all’aiuto dei numerosi Nani presenti i cavalieri li sconfissero, riportando solo ferite leggere.

I cunicoli sotterranei erano intricati ma per nulla dissimili da quelli che avevano attraversato durante il Giudizio di Drann. Le numerose trappole in cui si erano imbattuti erano spesso malfunzionanti o distrutte da crolli nella volta, ed essi raggiunsero senza difficoltà l’ampia fornace nella quale il Forgiarune aveva trovato la morte. Alle spalle della colossale incudine era stato appeso Kheled-dran, e la sua superficie rimandava i riflessi delle torce come se fosse fatta di materiale vetroso.

Egill si mosse per primo e staccò il massiccio scudo dalla parete, trattenendo un’esclamazione di stupore: lo scudo infatti era assai leggero, ma robusto quanto la sua armatura di piastre. John ne ammirò la fattura, sebbene non gli fosse possibile capire con quale materiale fosse stato forgiato. Sembrava roccia fusa alla vista, ma al tatto non era dissimile dal metallo; quale che fosse l’arte con cui i Nani lo avevano creato, essa era stata purtroppo perduta. D’un tratto Martin lanciò un grido, nel voltarsi tutti videro che tra le ombre dei numerosi ingressi della sala erano visibili le fiamme che ardevano nel petto dei Distruttori. Due dozzine di giganteschi costrutti avanzarono, bloccando ogni via di uscita, e alle loro spalle giunse colei che li aveva destati: Sheena Drur.

La strega rise, perché sapeva che i cavalieri non avrebbero mai potuto vincere contro quegli avversari temibili. Quindi propose loro di abbandonare i propri propositi e di unirsi a lei, poiché la guerra imminente non avrebbe potuto avere altro esito che la distruzione della Corona di Ursathra. Rivolse a Galaverna un invito accorato, ma il mago della torre di Ashkalt rifiutò sdegnosamente. John, intuendo che non avrebbero potuto vincere con la forza, finse di accettare l’accordo, ma appena raggiunse una distanza accettabile, scagliò sui distruttori il potente infuso che Galaverna gli aveva donato in precedenza. Alarik tuttavia era stato un maestro tra i Forgiarune ed i suoi golem erano robusti come le radici della terra: la magia di Galaverna poteva a stento scalfirli.

A quel gesto Sheena Drur li guardò con occhi spietati e ordinò ai costrutti di ucciderli tutti, risparmiando soltanto lo stregone. I Distruttori balzarono avanti, protendendo gli artigli di pietra nera e obbligando la compagnia ad una difesa estrema; ma per quanto potessero resistere, non vi era alcun modo di prevalere contro quei nemici mortali, e in pochi attimi Brandano aveva già esaurito tutti gli incantesimi per lenire le ferite dei suoi compagni, che pure sanguinavano copiosamente da ogni parte. Esasperato, Rudolf si accorse che l’incudine era macchiata ancora con il sangue del Forgiarune, morto più di mille e trecento anni prima, e con rabbia colpì quel punto maledicendo il suo nome. Fu allora che con grande stupore della compagnia lo spettro di Alarik comparve, traslucido e terribile. I golem si arrestarono a quella vista, indietreggiando.

Brandano affrontò lo sguardo del terribile spettro, e si augurò che quell’apparizione non fosse giunta per vendicarsi di quanto avevano fatto durante il Giudizio di Drann. Si rese conto tuttavia che ciò che avevano visto era un eco del passato: altri avevano seguito Elric e ucciso Alarik nella sua forgia. Lo spettro mirò le sue creazioni e disse: “Dunque, ciò che la Corona Cremisi mi aveva mostrato non si è verificato e le mura di Uth Drannor hanno superato intatte l’era del Lupo Nero. Per voi, che a lungo avete dimorato nel ventre della montagna, è giunto infine il momento di riposare per sempre”.

Alle sue parole, i Distruttori si sgretolarono mentre la fiamma che brillava nel loro petto si estingueva lentamente. Uno ad uno essi caddero, sollevando una gran quantità di polvere e cenere; quando questa infine si posò, Sheena Drur era scomparsa. Lo spettro chiese pietà per aver rivolto le sue creature contro la sua stirpe, ma nessuno nella Compagnia aveva l’autorità per concederla. Essi promisero che il Re della Montagna Bianca avrebbe saputo quanto era accaduto nel Thaig di Alarik.

Quando si trovarono nuovamente al cospetto di Re Eberk egli meditò a lungo sulle loro parole. Alla fine decise di perdonare Alarik per i suoi crimini, poiché gli parve di scorgere attraverso il suo tradimento un grande amore verso i suoi simili, che certamente venne distorto dal possesso della Corona della Corruzione. Poi guardò Egill, che inginocchiandosi gli stava porgendo Kheled-dran, e disse: “Questo scudo venne forgiato dai Nani per gli Uomini, in un momento di grande bisogno, quando le nostre razze erano solite accorrere in soccorso l’una dell’altra; portalo con te e mostra il potere di Kheled-dran al nero drago!”. Egill allacciò lo scudo sulle sue spalle, ringraziando il sire per quel prezioso dono.

Infine Re Eberk riunì a sé i suoi consiglieri, ed essi si scambiarono poche brevi parole, epilogo di lunghe discussioni già affrontate nel passato. Quando ognuno ebbe espresso il proprio parere, il Re si pronunciò così: “Per volontà della corona di Kvazarvir, i Nani combatteranno ancora una volta al fianco del vostro popolo. Nell’ora più buia i nostri martelli e le nostre asce caleranno sui nemici dell’Uomo”.

I cavalieri si inginocchiarono in segno di rispetto e gratitudine, e con passo fiero lasciarono Uth-Drannor. La Corona di Ursathra aveva conquistato il suo primo importante alleato, ma essi sapevano che avrebbero dovuto radunarne molti altri ancora, prima che il cielo venisse oscurato dalle immense e spietate ali di Mourne il Nero.